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Montanina Summer Kunst: artisti a confronto sul tema del muro (Circolo Montebeni, Firenze)







di Niccolò Brighella





Arrivo al Montanina Summer Kunst, la mostra/contest organizzata da TOAST, la Montanina e Co.mune, nel primo pomeriggio: il sole, ormai passato lo zenith, illumina il cortile del circolo di Montebeni, e una musica invitante striscia tra gli alberi accarezzando i presenti. Prendo un bicchiere di vino bianco e preparo una sigaretta, mi siedo a uno dei tavoli rimasti dal pranzo a base di cinghiale e osservo i dieci artisti dipingere, sostare, allontanarsi di qualche passo, definire nuovamente le opere e scambiarsi impressioni di fronte ai propri pannelli di cartongesso. Il tema della mostra è "il muro", come mezzo espressivo certo (molti i writers intervenuti) ma anche come limite, confine interposto tra gli uomini. 







Martina


Straordinaria la reinterpretazione di questo tema fatta da Martina Grifoni, vincitrice poi del premio della giuria: noto subito il suo pannello, posto in orizzontale e tempestato di foto la cui disposizione appare casuale solo a uno sguardo distratto. Sono scatti tratti da Facebook, i suoi tag che amici e conoscenti hanno postato col tempo nel popolare social network, una geografia di momenti che le appartengono solo in quanto parte di un quadro più ampio, la cui trasposizione su pannello riflette la pervasiva virtualità delle relazioni moderne. Lentamente, con lavoro certosino, molte pause e riflessioni, Martina stende uno strato di stucco sul cartongesso, murando gran parte di quelle finestre sul suo passato, lasciando che solo alcuni dettagli emergano come sprazzi di memoria dalla parete bianca che ha appena eretto.





Accanto a lei, alle prese con un collage di immagini prestampate, Lapo Bambini (LapoZ graphic), parte del gruppo aperto di giovani artisti VLORE139. Concentratosi maggiormente sull'aspetto conflittuale del tema, la sua opera riassume - in un'armonia di bossoli calibro 50 - il messaggio che la "conoscenza causa il conflitto quotidiano". La lotta è protagonista anche dell'opera di Niccolò Gambassi, che rivela, attraverso immagini dal forte impatto visivo, una grande dimestichezza con la prospettiva e un vero amore per il dettaglio architettonico. In una città indifferente, alle spalle di una madre che spinge imperturbabile il passeggino del figlio, lo scontro tra capodoglio e calamaro gigante, all'ombra del Chrysler Building, accenna a conflitti lontani che in tempi recenti hanno innalzato mura laddove prima si apriva solo lo sconfinato spazio del deserto.







Ninjaz


Mentre ancora osservo l'opera di Niccolò, l'odore acre di spray che riempie l'aria mi spinge a volgere lo sguardo verso il centro del cortile dove, impegnato su un pannello, vedo Ninjaz, Vincenzo di Martino. Mi avvicino per salutarlo, lui si è appena scostato dall'immagine e, sorseggiando vino, discute con uno degli altri writers intervenuti, Elias. Ne approfitto per osservare la sua Madonna col Martello, pacifica, serena, e che con le mani delicatamente raccolte sul grembo imbraccia gli strumenti con cui ha sfondato il muro da cui emerge. Alle spalle di questa, Kreshnik Aliaj sta usando le mani per definire una teoria di ritratti incastonati da geometrie distese come una nebbia dai colori tenui. Una delle realizzazioni tecnicamente più interessante, quella di Kreshnik colpisce per l'abilità con cui le geometrie, i colori sfumati come acquarelli e la forza espressiva dei volti si coniugano in un'amalgama equilibrata e ordinata.





Mi prendo un momento per lasciare che le impressioni e le visioni avute finora si depositino nella mia mente associativa, decido di fare una passeggiata nel cortile e all'interno della Montanina, dove non torno da alcuni anni. Mi aggiro tra i molti intervenuti: un gruppo di americani, armati di reflex e occhiali da sole, siede a un tavolo all'estremità del cortile, ragazzi di Firenze e non solo si aggirano affascinati e indaffarati, gli anziani avventori e gestori del circolo ARCI discutono e osservano dalle proprie sedie le opere, famiglie sostano incuriosite davanti ai pannelli. Insomma, un ampio spettro generazionale che si confronta con le menti creative dei giovani artisti. Un vivace dialogo fatto di sguardi e impressioni catturate ed espresse timidamente agli artisti stessi.







Elias


Riprendo la visita dopo essermi riposato in un curioso salottino tra gli alberi, tra poltrone vintage, sedie blu elettrico e lanterne cinesi. Elias Palidda con lo spray ha quasi completato un trittico di ritratti dai forti accenni satirici: colori accesi, volti cerulei, linee morbide e plastiche definiscono un Matteo Renzi (pig) dai tratti suineschi, Papy Mouse (un Silvio Berlusconi con le orecchie di topolino) e un agente di polizia tramutatosi in mastino rosso fuoco. "Cerco di fare dei murales, graffiti o tag a seconda del paese" mi dice, "ispirandomi ai primi graffitari o writers, tipo Lee o Rammellzee, roba semplice ma diretta, che possa essere comprensibile per tutti. A me piace disegnare, ma i graffiti sono anche un modo per sfogare la rabbia, per parlare alla società e criticarla".







Non molto distante Jonathan Tagelaars dipinge una coppia di figure tese in un abbraccio ancora non consumato, definita da accenni di colore e smarrita su uno sfondo blu cielo, in parte ispirato ai pavimenti musivi romani e all'arazzo di Bayeux. "Dipingere in privato ti mette a confronto con te stesso, piano piano assimili quello che fai e solo in un secondo momento lo esponi in pubblico. In questo caso non c'è spazio per l'errore né per l'assimilazione, per un fattore di tempo", mi confessa. "Si tratta più di mettere in mostra l'atto del pitturare, una specie di performance".






Interessante anche l'opera di Alice Cadeddu: l'autrice dimostra grande abilità nel definire lo sguardo vivo del suo sofisticato ritratto di figura femminile e nel ritagliare ombre prive di luce sui volti dipinti. Accanto a lei Giacomo Equizi e Simone Duman traspongono assieme, spray alla mano, le idee abbozzate in un quaderno nelle poche ore di luce rimaste.






Alice




Giacomo e Simone

























La posizione della Montanina, da questo punto di vista, è straordinariamente adatta a mostre e rassegne, la luce continua fino a tardi a illuminare oltre le fronde degli alberi i contorni di opere, autori e osservatori, creando un'unica grande natura viva dai dettagli sempre in divenire. Quando infine scende il tramonto e iniziano apericena e premiazione, gli artisti si riuniscono agli intervenuti, continuando a confrontarsi sulle diverse tecniche, filosofie e messaggi che hanno espresso durante il giorno. Le visioni di questi dieci giovani e talentuosi artisti, impressi durante la giornata sui pannelli bianchi di cartongesso, resteranno esposte alla Montanina, in modo che chiunque raggiunga il circolo possa apprezzarle e scoprirle dietro le quinte di una città, Firenze, ricca di arte eppure spesso indifferente ad essa.






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